La dis-intermediazione è un fatto evolutivo . Vol. 1

Ott 21, 2020I costi della performance

Ci sono due soggetti davvero indispensabili nel mercato.

Produttori e consumatori oppure meglio definiti come venditori e compratori o meglio ancora “produttori di soddisfazioni emotive” e ” ricercatori di soddisfazioni emotive”.

Tra i due soggetti, indispensabili per la creazione nel meccanismo non violento del libero scambio, si sono sedimentati, nei secoli una serie di figure intermedie che per vari motivi hanno trovato la loro utilità nel mezzo di questi processi fluidi e liberi.

Gli intermediari appunto.

Cercando di tradurre in maniera semplice un concetto che è già di per se semplice, il mondo occidentale, faro di civiltà passata, presente e futura, si è affrancato dal Principe e dal latifondo e quindi dalla schiavitù, aprendosi alla convenienza del mercato.

Da pochissimi proprietari di terra e uomini (e donne ovviamente), ad una diffusa micro proprietà privata che ha aumentato in maniera incredibile l’efficienza produttiva della terra e del benessere dell’essere umano.

Nonostante l’inframmezzarsi di sanguinose guerre condotte dagli apparati militari dei Re e poi continuate con la creazione degli Stati ottocenteschi (il concetto è stato sostituire un monarca con una oligarchia elettiva), 3 parametri sono inconfutabilmente migliorati in modo esponenziale:

– la crescita demografica

– l’aumento della vita media

– l’aumento della speranza di vita neonatale

– l’aumento del benessere pro-capite

– l’aumento di soggetti che sono usciti dalla “fame” (inteso come bene di primissima necessità)

– l’aumento della libertà individuale

Quindi possiamo dire che la dis-intermediazione tra produttori e consumatori del monarca ha creato questo ambiente ideale per l’affermazione del Capitalismo o free-market.

La concorrenza tra produttori ha spinto i prezzi al ribasso e l’aumento quindi della ricchezza disponibile ai consumatori ha aumentato in loro la consapevolezza di potersi autodeterminare, scegliendo per esempio se fosse il caso di non mangiare solo polenta ma anche carne.

L’umanità ha trovato quindi il suo migliore (non in assoluto perchè non possiamo sapere cosa ci riserva il futuro) assetto pacifico.

Chi fa affari volontariamente non ha tempo di fare guerre.

Non è conveniente.

Sappiamo che il mercato ha delle regole ferree e codificate da comportamenti naturali, risponde cioè alle leggi della natura e non a quelle positive che spesso invece ne mettono in difficoltà il funzionamento stesso e costringono il legislatore a continui correttivi, aumentandone fatalmente i danni.

Capito il concetto di inutilità o meglio di ostacolo allo sviluppo sociale dell’intermediario (monarca, Stato etc), la natura però del soggetto che crede di poter sovvertire le leggi naturali del libero scambio è dura a morire.

Esiste un soggetto che trasversalmente non vuole competere, non vuole guadagnarsi “la gloria” dell’utilità nel mondo ma bensì vuole approfittare della ricchezza che viene generata dal libero scambio senza però averne il merito.

Questo soggetto, influenza il manipolo di persone elette a legiferare, per crearsi una fittizia utilità nel flusso produttori-consumatori.

Proviamo a pensare all’attuale sistema bancario che è riuscito caparbiamente a diventare l’unico soggetto economico deputato a fare da clearing house tra produttori e consumatori.

Con la promessa di lautissimi guadagni (ingiustificati) questo intermediario oggi controlla e si fa controllare da altri intermediari sopra di lui, la vita stessa dei cittadini.

Oggi le banche vendono perfino biciclette, abbonamenti a pay-tv, cucine, immobili, assicurazioni, e fondi di investimento.

Il costo della gestione del risparmio in Italia è tra le più alte al mondo.

Il Rapporto Bankitalia del 2016 dichiara che una gestione flessibile (quindi un mix tra prodotti obbligazionari ed azionari equamente pesati) costa mediamente al consumatore il 2,34% all’anno.

Su 1 milione 29’400 sono di costo ogni anno. Su 3 anni per esempio sono 88’200 a prescindere dalla performance o meno soddisfacente del prodotto.

Di questi costi nelle reti di distribuzioni, solitamente, il 40% rimane al produttore, e agli intermediari il resto, cioè la fetta preponderante.

Ma le banche e le SGR investono in questi strumenti i loro soldi?

No.

Usano gli ETF che hanno un costo senza intermediari (e disponibili a tutti) dello 0,07% (per esempio Vanguard S&P 500 ETF) sempre dal rapporto Bankitalia del 2016.

Significa una performance certa, a parità e di coerenza con il mercato di riferimento, dello 2,27% all’anno a favore del risparmiatore.

Fatevi i conti in tasca.

Questo argomento merita però di essere approfondito in un altro articolo prossimamente nel quale tenterò di spiegarvi che non avete bisogno di loro (sistema di intermediazione bancaria) per farvi gestire i soldi in maniera semplice ed efficace.

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